Chi era Mauro Rostagno? Una personalità complessa della quale possiamo solo dare una traccia
di Fabio Pace
Nato a Torino il 6 marzo 1942, figlio di dipendenti della Fiat, Mauro Rostagno cresce in una casa popolare. Nel 1960, 19 anni, dopo aver appena conseguito la maturità scientifica, si sposa con una ragazza poco più giovane, ha una bambina. Si separa, poco dopo le nozze lascia l’Italia. In Germania e in Inghilterra vive facendo mille mestieri. A Parigi, durante una manifestazione, viene fermato dalla polizia ed espulso. Torna in Italia, si iscrive alla facoltà di Sociologia di Trento dove diventa uno dei leader del movimento studentesco con Marco Boato, Renato Curcio e Mara Cagol. Guida, con altri protagonisti del Movimento le occupazioni delle università, i processi ai docenti, gli scontri con la destra. È tra i fondatori di Lotta Continua, con Adriano Sofri, Guido Viale, Marco Boato e Giorgio Pietrostefani. Laurea in sociologia nel 1970. Con Lotta Continua le esperienze tra gli ultimi delle periferie, anche a Palermo, dove guidò la simbolica protesta dell’occupazione della Cattedrale. Nel 1977 fu protagonista del congresso di autoscioglimento di Lotta Continua ripudiandone la frangia giustificazionista dell’azione violenta. A Milano è tra gli animatori di Macondo, il circolo culturale che diventa punto di riferimento per la sinistra alternativa chiuso dalla polizia nel 1978. Rostagno va in India con la compagna Chicca Roveri e si unisce agli “arancioni di Bhagwan Shree Rajneesh”. A Poona, nel 1979, prende il nome del suo maestro: Anand Sanatano. L’amicizia con Francesco Cardella si salda alla comunità degli arancioni, da questi fondata, poi divenuta Saman, per il recupero dei tossicodipendenti. Approda a RTC, emittente locale trapanese, dove Rostagno ha lavorato fino al giorno dell’omicidio. Il telegiornale di Rostagno parlava di mafia, di mafiosi, di affari e complicità, ma anche dei bisogni delle persone, dei piccoli problemi quotidiani di ciascuno. Sull’omicidio restano ancora mille misteri, sui processi troppe ombre, la verità è stata forse solo sfiorata. Più conducente coltivarne la memoria, piuttosto che inseguire le ragioni della sua morte. Mauro Rostagno va ricordato per come è vissuto, piuttosto che per come è morto.