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domenica, Maggio 5, 2024
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Le tre domande della domenica

La nostra rubrica domenicale oggi ospita il giornalista trapanese Fabio Tartamella

Come vedi questa rinascita del Trapani dopo un anno d’assenza dai campi di calcio?

«Credo che la cosa più importante fosse ripartire in ogni modo. Rimane il rammarico di aver perso una chance enorme con De Picciotto, un uomo che avrebbe potuto dare una prospettiva importante. Con umiltà e capacità possiamo iniziare un nuovo percorso importante. È vero che abbiamo perso un patrimonio incredibile, fallendo, anche civilmente, pur avendo una salvezza in serie B conquistata in campo. È altrettanto vero che la cultura con cinque anni in B non si disperde, per cui la possibilità di fare calcio a buon livello esiste e sappiamo come si fa».

Dopo dieci anni di presidenza Basciano alla Pallacanestro Trapani, quale futuro?

«Rimane la centralità della figura di Pietro Basciano che sicuramente ha offerto alla città un contributo straordinario in questi anni. Probabilmente, non è stato capito il tipo di messaggio che lui volesse dare. Fare pallacanestro come fenomeno sociale e passione è stato difficile per molti motivi. Credo che un atteggiamento più comprensivo da parte delle istituzioni e il ritorno di un buon numero di spettatori al palazzetto possano farlo resistere, rispetto alle dichiarazioni rilasciate recentemente a La Repubblica. Mi auguro, in un momento di crisi come questo, si faccia di tutto per allargare la base di praticanti: il grande segreto per garantire continuità. Dobbiamo dare un occhio sicuramente alla prima squadra, ma tanto ai centro minibasket, che devono essere molto seguiti professionalmente e che rappresentano la vita. Sul profilo della squadra mi pare che rispetto agli anni passati il budget sia inferiore però non per questo non è detto che si debbano raggiungere risultati inferiori: Capo D’Orlando docet, a riguardo. Bisogna sempre ringraziare la famiglia Basciano per quello che ha fatto e per quello che farà».

Cosa ti ha spinto insieme al collega Andrea Castellano a scrivere il libro “Una città tra due canestri”?

«L’idea è nata poco prima del lockdown di marzo del 2020. Ho pensato ad Andrea Castellano perché avevamo vissuto la pallacanestro degli ultimi trent’anni da due punti di vista diversi. Io ho giocato per un po’ di anni, iniziando poi a scrivere, mentre lui è stato il giornalista al fianco dell’epoca d’oro. Erano altri tempi dove c’erano molti più rapporti personali con i giocatori. Ho pensato che mettere insieme questi due punti di vista potesse essere interessante per i tanti appassionati di pallacanestro. Dopo un paio di cene abbiamo capito entrambi che avevamo un bisogno emotivo che ci accomunava: quello di lasciare traccia scritta di come la pallacanestro abbia influenzato la cultura di questa città. I ragazzi che giocano oggi a pallacanestro devono sapere da dove viene quest’opportunità che hanno e perché a Trapani abbia avuto questo sviluppo. Abbiamo cercato di farlo con il pretesto delle undici partite, ma raccontando tanto altro attraverso la metodica di chi è stato in uno spogliatoio e chi ha seguito la squadra per lavoro da privilegiato».

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