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giovedì, Maggio 2, 2024
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Il Parco eolico al largo delle Egadi

di Nicola Baldarotta

Finalmente un’analisi approfondita da parte della politica trapanese, sull’ipotesi di costruzione di un parco eolico offshore al largo delle isole Egadi ed in pieno Canale di Sicilia. E’ quella del circolo trapanese del Partito Democratico, guidato dal segretario cittadino Andrea Rallo.

Un lavoro di tutto rispetto che analizza vari punti, se non tutti, della proposta industriale avanzata dalla società Renexia S.p.A. e ne traccia un quadro complesso al punto da chiedere al Ministero alle Infrastrutture e Trasporti, a quello dell’Ambiente e della tutela del mare, al Dipartimento per i trasporti e la navigazione e alla Direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, di non procedere, al momento, al “rilascio della Concessione del Demanio Marittimo” per un progetto che appare non aver ancora avuto adeguata valutazione di impatto ambientale e paesaggistico e che assicurerebbe al richiedente una concessione su uno spazio marino di fatto paragonabile nel suo complesso all’intera provincia di Trapani, per la durata di 30 anni: uno spazio marino situato al centro di un’area densa di transiti che unisce e collega civiltà e interessi che travalicano, peraltro, gli stretti confini nazionali.

Il Partito Democratico, viene precisato nell’elaborato inviato agli organi competenti, condivide l’urgenza della transizione ecologica ed apprezza il contributo che potrebbe fornire un impianto come quello progettato dalla Renexia S.p.A. specie in termini di risposta al fabbisogno di energia da fonti rinnovabili e in termini di risparmio di produzione di CO2.

Per i rappresentanti del PD sono emersi dei punti di attenzione in merito ad aspetti che appaiono non pienamente delineati o che hanno suscitato l’attenzione di specifiche categorie economiche.

E in particolare, sulla:

Dislocazione

Ciò che suscita clamore è la dimensione e la portata dell’impianto che (secondo quanto empiricamente desumibile dalle immagini riprodotte nelle relazioni allegate alla richiesta) sembrerebbe occupare – di fatto e nel suo insieme – una superficie acquea, salvo errori, pari a circa kmq 2.000 (la provincia di Trapani occupa una superficie di 2.470 kmq.).

Sullea:

Ricadute in termini di riduzione degli spazi a disposizione delle rotte navali di transito nello Stretto di Sicilia da e per lo Stretto di Gibilterra

Il posizionamento dell’impianto a ponente di Marettimo costringerebbe le navi in transito a concentrare le rotte, in un più stretto corridoio, tra Capo Bon e il banco Skerki, considerato che apparirebbe meno consigliabile l’attraversamento di un reticolo formato dalle 190 torri gallegianti.

Secondo il circolo PD di Trapani, le navi che transitano seguendo questo minore flusso avranno due scelte: o unirsi al transito che scorre più vicino alla Tunisia o, compatibilmente con le normative che regolano anche l’Area Marina Protetta, avvicinarsi maggiormente all’isola di Marettimo.

Ciò, mentre il Porto di Trapani, e Trapani stessa, si candidano a rappresentare una porta di ingresso per l’Europa, proprio al centro del mare che deve servire per unire i popoli del Mediterraneo.

Per il PD “il passo che si compirebbe sarebbe irreversibile per almeno trent’anni”.

Ed ancora, per quanto riguarda le :

Ricadute sul comparto della pesca, sull’avifauna e sulla fauna marina oltre che sul settore turistico.

L’area interessata si trova giusto a ridosso di un’Area Marina Protetta sulla cui bellezza e caratteristiche non contaminate si è puntato per lo sviluppo di tutto un più ampio territorio. Il semplice accostarsi di manufatti della dimensione e dell’impronta ecologica rappresentati nel progetto, secondo lo studio portato avanti dai DEM, può essere motivo di disaffezione del turista ai luoghi.

Peraltro, il progetto non sembrerebbe tenere conto del contesto energetico e culturale delle isole vicine, in quanto nessun richiamo è palesato. E, addirittura, viene chiaramente specificato che l’energia non è destinata al territorio siciliano e, tantomeno, all’arcipelago delle Egadi dove tutt’oggi l’energia non viene da fonti riciclabili – né sono previsti cavidotti di modesta entità che ve la potrebbero portare anche dalla terraferma – bensì da fonti fossili; tantomeno, sono previste e prevedibili facilitazioni e agevolazioni per i cittadini.

Non sono previste compensazioni di alcun genere, a fronte della fruizione di un “bene di tutti” (a maggior ragione, anche posto al di fuori delle acque territoriali), in favore dei territori vicini se non la consapevolezza (senz’altro vitale) di contribuire alla realizzazione degli obiettivi globali di atteso miglioramento ambientale.

I legittimi benefici economici agli investitori (non è chiaro l’eventuale utilizzo di fondi provenienti dal Recovery Plan o da altre fonti pubbliche) non sembrerebbero condivisi con il territorio, che continuerebbe a non vedere alcuna riduzione del costo della propria bolletta energetica.

Peraltro, viene precisato che sarebbe importante avere rassicurazioni circa le garanzie relative alla realizzazione e al completamento dell’impianto, alla sua manutenzione e successiva dismissione e, soprattutto, le Autorità dovrebbero avere ben chiare garanzie circa la permanenza di una governance societaria coerente con l’adesione agli interessi nazionali ed europei.

Ecco perché ritengono necessario richiedere la proroga del termine di giorni 30, in un termine maggiormente congruo alla dimensione e portata dell’impianto, utile al fine di una opportuna e adeguata valutazione e, soprattutto, di non procedere, allo stato, al “rilascio della Concessione del Demanio Marittimo”.

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