Smart e remote working sono stati per molti un’occasione per riorganizzare la propria vita, anche da un punto di vista abitativo. Tra le categorie che più hanno beneficiato di questa opportunità c’è quella dei lavoratori fuori sede; secondo l’indagine commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat, nell’ultimo anno il 20% dei fuorisede, vale a dire 400.000 persone, hanno approfittato dello smart working per cambiare città. Il 75% di loro ha scelto di tornare a vivere nel luogo di origine, mentre il 25% ha preferito trasferirsi in un’altra città, diversa sia da quella in cui è nato sia da quella dove ha sede l’azienda per cui lavora. Alcune regioni, soprattutto nel Meridione, hanno visto rientrare lavoratori in misura maggiore rispetto a quelli che sono usciti: è il caso della Sardegna (+40%), ma anche della Sicilia (+27%) e della Calabria (+21%). Di contro, le regioni con città più popolose da un punto di vista demografico e lavorativo, hanno avuto un bilancio negativo, vale a dire che il numero di smart workers che hanno lasciato la regione è superiore a quello di coloro che vi hanno fatto ritorno: ad esempio Lombardia (-2%), Piemonte (-10%) e Lazio (-20%). Uno degli elementi che ha spinto i fuorisede a cambiare città è quello economico. La retribuzione media degli “smart workers di ritorno” è pari a 1.840 euro, ma per uno su tre lo stipendio mensile è inferiore ai 1.500 euro. Cambiare città mantenendo lo stesso lavoro ha permesso quindi a molti di migliorare il proprio tenore di vita; il 28,1% ha dichiarato che la ragione principale per cui ha deciso di rimanere a lavorare da remoto è perché, pur percependo lo stesso stipendio, può permettersi cose che prima da lavoratore fuori sede non poteva. La prima ragione per cui si è scelto di lavorare da un’altra città (42,1%) rimane però la volontà di trovare un ritmo di vita più a misura d’uomo. Analizzando le intenzioni per il futuro, sei smart workers di ritorno su dieci hanno dichiarato di non avere intenzione di tornare a fare i fuorisede con casa in affitto e di voler continuare a lavorare da remoto, dalla propria città di origine o da quella in cui si sono trasferiti dopo il lockdown.