In previsione dei mesi di siccità che caratterizzeranno l’Isola, dalla provincia di Trapani arriva il grido d’allarme dei proprietari dei fondi rientranti nel comprensorio della Diga Trinità, il bacino artificiale situato nel territorio di Castelvetrano che alimenta tantissimi vigneti della zona. A lanciare l’appello alle Istituzioni sono i presidenti delle cantine Colomba Bianca, Paolini , Europa , Petrosino e Birgi.

Da diverse settimane – denunciano i presidenti – le paratoie della Diga Trinità sono aperte, provocando la fuoriuscita di migliaia di metri cubi di acqua che vengono riversati 24 ore su 24 in mare. Se questa situazione non verrà fronteggiata al più presto, la Diga disporrà di un quantitativo di acqua di 3 milioni di metri cubi, a fronte di una capacità massima di 18 milioni, limitando l’irrigazione estiva di emergenza nei vigneti. A fronte dei cambiamenti climatici aziende agricole e vitivinicole scontano una gestione delle acque regionali a dir poco critica: dighe ancora non collaudate, altrettante incompiute, mancanza di connessioni tra le province per il travaso dei volumi, reti di distribuzione che perdono come colabrodo e scarsa sicurezza che causa continui furti d’acqua.

La diga Trinità – a regime – potrebbe servire circa 6.000 ettari di vigneti, che hanno un fabbisogno idrico annuo che si attesta attorno a 6 milioni di metri cubi e che non può essere sostenuto con le sole piogge. Provando a fare una stima economica, di un eventuale danno emerge che la produzione del territorio servito dalla Diga Trinità, è di circa 600mila quintali di uva che, moltiplicata per una media di 40 euro a quintale, corrisponde a 24 milioni di euro. Perdere anche solo il 20% vuol dire buttare al vento 4,8 mln, ovvero fare cadere in rovina centinaia di famiglie che vivono di agricoltura. Il ministero delle Infrastrutture in attesa di verifiche tecniche dell’assessorato regionale all’Energia e delle misure di manutenzione, ha abbassato ulteriormente la quota d’invaso portando a circa 3 milioni il volume disponibile per l’irrigazione. Standard al di sotto delle esigenze consortili.

C’era tutto il tempo utile, in questi mesi, per aprire le condotte e svolgere la manutenzione degli impianti. Ma c’è un intreccio di competenze che si trasforma spesso in immobilismo. Oramai il dado è tratto e l’acqua versata a mare non potrà più tornare indietro: i presidenti delle cantine chiedono però con urgenza l’intervento del ministero delle Infrastrutture per lavorare fin da subito – sia tecnicamente che amministrativamente – per la programmazione del prossimo anno. È un problema politico: il bene più prezioso che abbiamo, l’acqua, non viene gestito adeguatamente dagli enti competenti. Gli agricoltori della zona chiedono di essere ascoltati perché conoscono questa terra e sanno qual è la strada più giusta per preservarla.