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mercoledì, Maggio 8, 2024
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San Matteo dopo gli incendi: ecco oggi l’area demaniale ed bosco che non c’è più

L'area demaniale devastata dagli incendi dove sono ben visibili i danni causati dal fuoco.

di Mario Torrente


Ecco San Matteo oggi dopo gli incendi che hanno devastato questo versante della montagna di Erice. E pensare che due anni fa, dopo il terribile rogo del 25 luglio 2021, venne anche organizzata una marcia per dire basta agli incendi e chiedere di difendere e fare rinascere l’area demaniale regno dell’asino pantesco, con il suo allevamento, il museo agroforestale e percorsi tutti da scoprire autenticamente tra mare e montagna, mito e storia, natura e bellezza dei paesaggi.

Oltre ai sindaci, politici, amministratori e rappresentanti delle associazioni, a quel lungo corteo ambientalista partecipò anche il vescovo di Trapani Pietro Maria Fragnelli che qualche settimana dopo, in occasione della Giornata del Creato, andò anche a celebrare messa proprio nella piccola chiesa di San Matteo. Ma due anni dopo, di quello che era un meraviglioso polmone verde resta davvero poco, con tanti alberi bruciati stramazzati a terra e le ferite lasciate dal fuoco.

I segnali del passaggio delle fiamme sono sotto gli occhi (ed i piedi) di tutti, con i sentieri, compresi quelli mappati dal Cai, ostruiti dagli alberi bruciati che non sono stati rimossi e che alla fine, ormai ridotti a scheletri senza vita, sono finiti per terra, non permettendo il passaggio degli escursionisti. Ci sono punti decisamente off limits che da tempo attendono interventi di manutenzione da parte del personale preposto nell’area demaniale gestita dalla ex Azienda Foreste di Trapani.

Tutto ciò in quello che fino al 25 luglio 2021 era un’autentica oasi naturalistica, con uno dei più belli itinerari del Monte, che da Bonagia risale verso Erice. O viceversa. Tra l’altro, da uno di questi tracciati, molti dei quali antichissimi con scalette che portano indietro di millenni, passa anche il Sentiero Italia del Cai, un tracciato indicato nelle piattaforme e nelle cartine a disposizione dei soci del Club Apino Italiano. E non solo a loro. Per non dire che nei sentieri del Monte passa anche la Trasversale Sicula.

Le tabelle ed i segnali bianco e rosso aiutano e indirizzano tutti i camminatori provenienti praticamente da dovunque. E da dove si può procedere senza problemi, come nella strada forestale lato Fontanarossa, si possono vedere invece tutti i tronchi carbonizzati per terra, quasi si trattasse di un cimitero di alberi, molti dei quali sono tornati a bruciare tre mesi fa, di nuovo il 25 luglio (come nel 2021), nell’ennesimo incendio che è entrato nel bosco (ciò che resta) prendendosi altri pezzi di natura. A quanto pare, secondo quanto emerso dalle indagini condotte dal Distaccamento di Erice della Forestale, questo rogo sarebbe stato causato dalla rottura di un cavo elettrico. Il che avrebbe quindi escluso la matrice dolosa. Restano comunque i danni delle fiamme, che hanno bruciato altri ettari di macchia mediterranea e sotto bosco in cenere. Esattamente un anno dopo il rogo del 2021. In questo caso si tratterebbe invece di un incendio appiccato. Fu un rogo molto vasto, che arrivò a Bonagia ed a Pizzolungo minacciando le abitazioni e la stessa sicurezza dei cittadini con il fuoco si propagò in diverse direzioni. Tra l’altro nel versante di San Matteo della montagna di Erice in quella stagione non vennero realizzati i viali parafuoco. Come ribadito da più parti, i lavori di manutenzione e pulizia delle montagne sono fondamentali nelle attività di prevenzione e contrasto degli incendi. E quando il fuoco passa più volte, lascia scempio su scempio. Devastazione su devastazione. Ed è così che oggi del bosco di San Matteo resta poco e niente.

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Ed è cosi che ormai il verde sopravvissuto a San Matteo si può davvero contare sulle dita di una mano monca, in un quadro di devastazione e desolazione che imporrebbe quanto meno un’opera di pulizia e manutenzione per togliere gli alberi bruciati e dare una sistemata generale. Anche nelle staccionate, che andrebbero rifatte come avvenuto invece a Martogna, dove dopo l’incendio di due anni fa è stato fatto un gran lavoro dalla Forestale. Lo stesso non si può dire a San Matteo ed in altre località devastate dal fuoco come a Montagna Grande.

Ma San Matteo, per ciò che ha rappresentato negli anni e per le attività (e gli investimenti) fatti in questi ultimi 50 anni, era quasi un simbolo, oltre che un autentico gioiellino naturalistico e paesaggistico. Ed è davvero un gran peccato a pensare com’era, e cosa era, l’area demaniale gestita dall’Azienda Foreste, dove negli anni Novanta si riuscì a salvare dall’estinzione l’asino pantesco con un progetto che rappresentò un vero e proprio fiore all’occhiello in Sicilia. E non solo. Come tutta l’area demaniale di San Matteo, dove la Forestale dagli anni Settanta in poi fece un gran lavoro di riforestazione. Ma incendio dopo incendio quel patrimonio naturalistico si è andato riducendo sempre più, e adesso resta poco e niente. Molto poco e quasi niente.

E gli anni in cui si piantavano alberi e si facevano crescere i boschi sembrano lontani, mentre nelle nostre montagne continuano a “campeggiare” i tronchi ed i rami delle piante andate a fuoco. Quando invece oggi più che mai ci sarebbe bisogno di tornare a curare il verde con concrete politiche di riforestazione per fare rinascere i boschi dove non ci più. Mettendo a dimora piantine da fare diventare alberi. E ricreando quei “giardini”, con tanti arbusti ed essenze, che la Forestale, con il suo personale, sapeva curare. Per questo motivo c’è bisogno di Fortestale. E soprattutto di personale giovane, qualificato e stabile, sicuramente non precario, da potere impiegare nelle nostre montagne per tutto l’anno. Non solo per 70 o 150 giornate ed in certi periodi, con una corsa contro il tempo per fare i tagliafuoco e riuscire a fare ciò che si può fare in vista dell’inizio della stagione anticendio. Quando invece i nostri boschi e l’intero patrimonio naturalistico siciliano, ciò che resta, avrebbe bisogno di attenzione e manutenzione 365 giorni l’anno. Con il prezioso lavoro gli addetti della Forestale che, non dobbiamo dimenticarlo, che per decenni hanno saputo riempire di alberi la Sicilia.

Un patrimonio verde che oggi non esiste quasi più, ma che andrebbe ricostituito. Ne abbiamo tutti bisogno, soprattutto i nostri figli. Perchè senza alberi non c’è futuro. Ed oggi più che mai, con i cambiamenti climatici entrati ormai a gamba tesa nelle nostre vite, c’è un disperato bisogno di più ossigeno e meno anidre carbonica. E gli alberi fanno proprio questo: danno ossigeno (e frescura) in cambio di anidride carbonica. Ma limitano anche il rischio di frane e smottamenti. E fanno tante altre cose importanti legate alla nostra sopravvivenza, benessere e sicurezza. Ma questi che ho fotografato oggi a San Matteo hanno smesso di fare il loro “mestiere”. E quelle che fu la loro “casa”, un bosco un tempo rigoglioso, è diventata adesso il loro “cimitero” . Senza alcuna traccia di ricrescita o altri alberelli. Evidentemente c’è bisogno dell’aiuto dell’uomo per aiutare Madre Natura a fare rinascere San Matteo. Che può e deve rinascere dalle sue ceneri.

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