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domenica, Maggio 5, 2024
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Il giorno dell’Anagoghia

Il professore Salvatore Corso oggi ha ricordato i riti del volo delle colombe dal Tempio di Venere, ad Erice, alla Colombaia prima della lunga traversata verso il Nord Africa.

Il 25 ottobre anticamente era il giorno dell’Anagoghia. Questo giorno segnava, attraverso il volo delle colombe da Erice verso il Nord Africa, la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno. Il portone del Tempio della dea Venere veniva chiuso per riaprire in occasione della Katagoghia, il 23 aprile, per il ritorno delle colombe dal mare. Due giorni per scandire le stagioni attraverso il volo delle colombe ed il culto della dea dell’amore, che era anche la protettrice di chi andava per mare. Questi antichi appuntamenti sono ricordati, ogni anno, dal professore Salvatore Corso, che oltre a studiarli per anni ha organizzato delle rievocazioni storiche al Castello di Venere ed alla Colombaia, dove sostavano le colombe prima del lungo volo sopra il mare del Canale di Sicilia per arrivare al tempio di Sicca Venerea. Ma al tempo del covid, a causa delle misure anti contagio, in questo periodo di pandemia non è stato possibile tenere alcuna iniziativa. Il professore Corso oggi si è comunque voluto recare simbolicamente ad Erice, al Tempio di Venere, e successivamente al Lazzaretto, davanti la Colombaia, accompagnato da Giacomo Caltagirone e da Salvatore Giuseppe Bosco, entrambi appassionati di tradizioni locali.

Di seguito l’approfondimento del professore Corso sull’Anaghoghia e sulla Katagoghia.


Il collegamento tra le due sponde del Mediterraneo risale alla consuetudine arcaica dei marinai che, con una barca a vela ed un giorno ed una notte di navigazione, raggiungevano l’altra sponda, instaurando rapporti con scambi di prodotti materiali e culturali. Nella sponda d’Africa la frequenza si concretò anche in campo cultuale con l’erezione di un Tempio nell’antica Cirta, che richiamasse la Dea del Monte Erice, per la struttura e per i riti che vi si svolgevano: Tempio a Sicca Veneria presso l’attuale città El Kef a 625 metri sul mare e in collina. Due feste sono attestate dal II secolo d..C. come “tradizionali” dal geografo greco Eliano (170-235 d.C.) che le descrive nel suo trattato naturalistico a proposito delle colombe universalmente conosciute come sacre alla Dea del Monte Erice, variamente denominata dalle popolazioni vi abitarono: Ashthoreth Erek, Aphrodites Erykina, Venus Erykina, come risulta dall’epigrafia superstite, sempre con l’appellativo Erycina. Ecco il testo di Eliano: Ad Erice in Sicilia c’è una festa che gli Ericini stessi e tutti quelli che abitano nell’intera Sicilia chiamano “Anagὸghia”. Ecco il motivo del nome della festa: dicono che Afrodite, proprio in questi giorni,, vada da lì in Libia. Hanno questa opinione che traggono da questo fatto: lì vi è una grande massa di colombe, quando non appaiono, gli Ericini dicono che sono andate a far la guardia al corpo della Dea. Cantano che le colombe sono ornamento della Dea e tutti gli uomini vi credono. Trascorsi nove giorni, si vede volare una bella colomba, che torna dal mare libico, non simile alle altre in bianco, bensì rossa, come “rossa” Anacreonte di Teo definisce Afrodite, quando in qualche posto dice “purpurea”, sembra simile all’’oro, proprio come la Dea di Omero che egli celebra “aurea”in un canto; la segue la nebbia delle altre colombe e per gli Ericini è di nuovo festa: anche questo nome “Katagὸghia” deriva dal fatto. Descrizione di Eliano, che, in contesto letterario, fissa due feste distinte, Anagóghia e Katagóghia, intercalate da nove giorni. Tale intervallo, però, dai più autorevoli cultori di Storia delle Religioni e di Storia della Sicilia antica, è ritenuto difforme dal carattere primitivo dei culti in onore dell’Erycina Dea. A conferma sono riferite le date in cui a Roma, a seguito delle guerre romano-puniche, si svolgevano riti alla Dea di Erice. I romani, infatti, estesero le due feste a Roma, additando Venere Erycina come protettrice della loro espansione sulle coste d’Africa. E ciò a partire dall’edificazione nel 212 a.C. del Tempio alla Erycina Venus, proprio in Campidoglio, quando si arricchirono con la memoria di Venus Erycina le ricorrenze solenni Vinalia Iovis/ feste del vino in onore di Giove. Proprio in queste Vinalia urbana il 23 aprile riecheggiavano i riti di Erice, dove giungeva la stagione mite e le donne lavavano la statua della Dea. Ugualmente verso l’inverno a Roma agli Horti Sallustiani, il monumentale giardino sul Quirinale, il “colle” appunto fuori “Porta Collina” le feste attorno al 25 ottobre risultano celebrate al posto dei Vinalia rustica, rimaste in agosto nel Lazio. Occasione del trasferimento da Erice fu un rito sacro che nel 181 a C. fecero i due consoli romani, Publio Claudio Pulcro e Lucio Porcio Licinio. Rito sacro celebrato in un nuovo Tempio nella zona tra le più popolari di Roma. A Trapani, in epoca remota, era sorta sul limite del porto una Torre di avvistamento che fu indicata Colombaia, per lo straordinario flusso di colombe che vi soggiornavano di passaggio in apposite nicchie nella costruzione centrale, prima di prendere il volo verso Erice o di ritorno da Erice per andare a svernare nelle coste d‘Africa. Sulla Torre Colombaia cartaginesi e romani si alternarono nel possedimento per il controllo del porto e dell’intero territorio marittimo. E tutto ciò prima che Trapani si configurasse a città quadrangolare con porte e torri, oltre ad altri accessi di rappresentanza o utili per il lavoro quotidiano. Due feste, allora, si tramandavano in termini greci con il volo di colombe da antichissima data: Anagóghia/ partenza verso il mare per un giorno e Katagóghia/ ritorno dal mare il 23 aprile per annunziare la bella stagione. Ad Erice le feste erano arricchite di giochi e di fiera franca (senza tassazioni), per soddisfare le esigenze dei pellegrini che, allettati dalle agevolazioni, da ogni parte della Sicilia accorrevano cantando tradizionali melodie – tuttora rimaste e raccolte da esperti – di modo lidio-greco. Poi, per la decadenza di quella città sul Monte o per le difficoltà insorte per raggiungerla, la fiera fu trasferita in zona pedemontana appartenente alla città marinara, ma sempre con il servizio dei militi di Erice. Proprio la data 23 aprile fu da Federico III d’Aragona (1273-1337) confermata ancora nel 1302, anche se nel 1315 lo stesso re, su pressione dei padri carmelitani, accondiscese al trasferimento della fiera attorno al 15 agosto, come tuttora permane. In definitiva le due feste attendono di caratterizzare, soprattutto Trapani ed Erice, gli ininterrotti rapporti con la costa d’Africa. Katagóghia/ ritorno dal mare il 23 aprile di ogni anno per annunziare la bella stagione e Anagóghia/ partenza verso il mare il 25 ottobre fine della bella stagione e saluto all’inverno: ritmo tradizionale binario del tempo nelle zone del Mediterraneo ed in Oriente, ‘a staciuni e ‘u mmernu, come nella parlata in lingua di Sicilia, dove non esistono vocaboli corrispondenti a primavera ed autunno. Tale comune patrimonio culturale, unico nel suo genere, attende di essere riambientato nelle città che lo hanno originato e vissuto nei secoli addietro. Dovizia di collegamenti con Cartagine prima, poi con il tempio di Sicca Veneria (El Kef), continuati e molteplici, attendono di essere riscoperti e rivalutati, dopo adeguata storica sistemazione, per qualificare i rapporti ancestrali e sempre, in qualche modo, proseguiti anche oggi in altre forme tra la costa d’Africa, Cartagine-El Kef-Tunisi in particolare, e l’estrema sponda della Sicilia occidentale.Patrimonio culturale valido per consolidare il messaggio di fratellanza tra popoli all’insegna della pace.

prof. Salvatore Corso

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