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venerdì, Maggio 17, 2024
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Una città che non vuole dimenticare

È ancora vivo il ricordo di quel tragico 6 aprile nei trapanesi.

Il giorno della memoria trapanese. Così, possiamo definire la data di oggi che associata all’anno 1943 ci fa tuffare nel nostro passato. Quello più straziante. La mattina del 6 aprile 1943, infatti, l’aria frizzante sapeva di timida primavera e nei racconti di chi è sopravvissuto è ancora vivo il ricordo di una giornata dal cielo terso e sereno, come, del resto, gli scatti di quelle fotografie in bianco e nero fanno da testimonianza. La seconda guerra mondiale volgeva a favore degli Alleati dopo lo sbarco anglo-americano in Africa. L’importanza strategica di Trapani stava crescendo notevolmente perché da qui potevano partire i convogli aerei e navali verso la Tunisia dove l’esercito italiano cercava di opporsi alle forze alleate. Quella mattina, però, la città viveva un silenzio assordante. Carico di paura. Il giorno precedente era stato distrutto, infatti, l’aeroporto di Milo e l’oltre il 70% dei trapanesi aveva lasciato le proprie case per rifugiarsi in aperta campagna. I più si erano diretti, e stretti fra loro, nelle contrade valdericine ed ericine. Impossibilitati a scappare rimasero solamente le classi sociali più povere che abitavano nei quartieri del centro storico ed, in particolare a San Pietro. Lì bazzicavano operai, gente di mare, anziani e bambini, donne in attesa di portare avanti la vita. Quella mattina suonò la sirena del coprifuoco. Non era la prima volta che echeggiava. L’ultima era stata il 22 giugno del 1940. Allora, il bombardamento di una piccola squadriglia francese, fece capire ai trapanesi che la guerra era ormai divenuta realtà. Poi, nei 3 anni successivi, sopraggiunse la quiete apparente che si faceva largo negli animi impauriti della cittadinanza. Il richiamo di quell’allarme che non cessava e non permetteva di riprendere le quotidiane attività era un cattivo presagio. La sua eco tuonò ovunque per interminabili ore. Fin quando, quel pomeriggio del 6 Aprile ’43, in appena 15 minuti, una squadriglia aerea sganciò sulla città migliaia di bombe, colpendo a tappeto la zona tra il Porto e la Stazione. Il quartiere di San Pietro si trovò al centro del tiro al bersaglio. Fu un vero e proprio massacro. Una carneficina. A fine bombardamenti rimase una fitta coltre di polvere ed un silenzio spettrale rotto, a tratti, dalle urla e dai pianti di dolore di chi, sotto le macerie, cercava di salvarsi. Si contarono centinaia di morti fra civili e militari. Oltre il 50% degli edifici fu raso al suolo o dichiarato inagibile, fra cui l’immenso Teatro Garibaldi, ritenuto uno dei più importanti di Italia per acustica e bellezza. Quel giorno fu sfigurata la bellezza di una città che risplendeva di luce negli anni in cui il liberty nei monumenti gli aveva conferito per decenni lustro e magnificenza.

Valeria Marrone

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