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lunedì, Maggio 6, 2024
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Montagna Grande tre anni dopo l’incendio

Le nostre telecamere hanno documentato la situazione di ciò che resta nel bosco destastato dalle fiamme nel rogo del 31 luglio 2020.

di Mario Torrente

Era un grande polmone verde con un meraviglioso bosco che ricopriva quasi tutta la montagna, che per ben sessant’anni è stata risparmiata dal fuoco. Ma alla fine le fiamme sono riuscite a divorare anche questo angolo di natura incontaminata, lasciando uno scempio senza precedenti.

Ed ecco oggi Montagna Grande tre anni dopo l’incendio che il 31 luglio del 2020 ha devastato 800 ettari di bosco e 200 ettari di macchia mediterranea su una superfice complessiva di 1700 ettari. Un intero versante, che guarda verso il lago Rubino e la piana di Trapani, è del tutto distrutto. Le ferite “mortali” di quel terribile rogo sono ancora evidenti e chissà quanto tempo ci vorrà prima di vedere Madre Natura riprendersi i suoi spazi.

Difficilmente Montagna Grande potrà comunque tornare come era fino al 31 luglio di tre anni fa. Intere pinete sono andate del tutto bruciate e adesso gli alberi sembrano degli stuzzicadenti anneriti. Le chiome verdi sono ormai un ricordo ed il sottobosco è un susseguirsi di tronchi e rami a terra, che ostruiscono anche il passaggio nei sentieri. Un intero itinerario nel lato di Chinea, quello che sale verso la Torretta antincendio del lato del lago Rubino ed il percorso che porta verso le due cime, non è percorribile nemmeno a piedi.

Gli alberi più grandi stramazzati per terra non permettono di passare e sono diventati veri e propri “muri” insormontabili. Non si può continuare né e piedi né tantomeno con i mezzi. Questo vuol dire che in caso di emergenza le squadre antincendio non potrebbero percorrere le strade sterrate per raggiungere il fronte del fuoco. O peggio, rischierebbero di non avere vie di fuga in caso di bisogno. Appare evidente come la messa in sicurezza di queste strade forestali rappresenti una priorità per garantire l’operatività degli addetti all’antincendio della Forestale e della Protezione Civile in caso di necessità.

Tra l’altro anni addietro in questa parte di Montagna Grande sostava una veicolare della Forestale, chiamata per l’appunto “veicolare Chinea”, pronta ad intervenire in caso di fiamme. Adesso nessun mezzo antincendio è nelle condizioni di percorrere queste stradelle. Ed in caso di fuoco come si fa?

Per la verità in diverse zone gli operai della Azienda Foreste sono intervenuti a suo tempo, tagliando gli alberi bruciati e quelli caduti che ostruivano il passaggio. Ma l’area che necessita di interventi di manutenzione è davvero grande e comprende la parte alta, tra la Torretta antincendio di contrada Corvo, quella che guarda davanti Borgo Fazio e la diga Rubino, ed il tratto che sale verso il pianoro della cima: qui è tutto impraticabile. Completamente inaccessibile. Da lì non può passare nessuno. Né a piedi né col 4×4. Peggio ancora con un modulo antincendio o una veicolare della Forestale.

Ci sono poi gli aspetti che rimandano al dissesto idrogeologico. Non ci sono più alberi che con le loro radici trattengono il terreno e manca la copertura della vegetazione. Adesso, senza bosco, sono evidenti i segnali dell’erosione delle piogge, con l’acqua che “scava” profondi solchi e mette a rischio interi costoni, compresi quelli da dove passano i sentieri.

Come ovvio, è tutto off limits. Le escursioni a Montagna Grande, soprattutto nel versante di Chinea, sono un ricordo. Qui c’erano percorsi bellissimi che regalavano delle meravigliose passeggiate immersi nella natura. Era un trekking unico completamente avvolto nel verde con panorami e colori incantevoli. Era. Adesso questi sentieri non si possono più percorrere, in un momento in cui sta prendendo piede nel territorio il turismo legato all’outdoor. Un’altra occasione persa per il territorio trapanese. L’ennesima.

Insomma, dopo l’incendio di tre anni fa Montagna Grande sembra davvero chiedere aiuto. Ma al momento pare tutto fermo, in un quadro di abbandono in quello che fino a pochi anni fa era un autentico paradiso naturalistico regno di biodiversità. Tant’è che questa macro-area che arriva a quota 500 metri è un sito Zsc di Rete Natura 2000: quindi una Zona Speciale di Conservazione in base alla direttive europea Habitat.

Si tratta insomma di un’area protetta, anche se non è una vera e propria Riserva, ma che, a guardare la devastazione di un intero versante, con danni gravissimi (forse irreversibili?) per l’ambiente ed evidenti ripercussioni sul rischio idrogeologico del territorio dopo l’incendio del 31 luglio 2020, sembra avere ben poco di tutelato.

Tra l’altro dopo quel rogo l’amministrazione comunale di Trapani (Montagna Grande per gran parte ricade nel territorio del Comune capoluogo) approvò una delibera dove si chiedeva all’Azienda Foreste della Regione Siciliana di “attivare tutte le procedure tecniche ed amministrative necessarie alla rigenerazione del bosco e della vegetazione della Montagna Grande, in applicazione delle Prescrizioni di massima e di Polizia Forestale”.

Ma la giunta guidata dal sindaco Tranchida andò oltre, presentando una formale denuncia “al fine di accertare eventuali responsabili diretti e/o indiretti nelle cause degli incendi che hanno percorso il territorio comunale e di costituirsi Parte Civile nel caso si accertino i responsabili”, è stato scritto a suo tempo in un comunicato diramato dagli uffici di Palazzo D’Alì. Ma dopo tre anni non si hanno notizie a riguardo, così come sull’esito delle indagini per l’individuazione dei responsabili.

Insomma, anche questa volta sembra proprio che non pagherà nessuno per questo come per altri incendi. Di sicuro c’è che il prezzo più alto lo ha pagato l’ambiente e la collettività, visto che decenni sono state spese risorse pubbliche per questo ed altri boschi finiti poi bruciati. Ed intanto gli alberi bruciati, ormai ridotti a scheletri senza vita, restano per terra. Montagna Grande è diventata il loro cimitero. Una grande cimitero in quello che fino a tre anni fa era un meraviglioso polmone verde. E chissà se e quando tornerà ad essere come un tempo. Se e quando. E in che modo.

Inutile girarci attorno: Madre Natura, per risollevarsi, ha bisogno dell’aiuto dell’uomo, come spiegato dall’agronomo ed esperto naturalista Biagio Barbera. Per prima cosa, in un terreno così brullo ed in pendenza, mancando la copertura vegetale, la prima cosa da fare innanzitutto sarebbe tagliare gli alberi, lasciando comunque qualche catasta per fare alimentare gli animali xilofagi che si nutrono di legno morto e saprofiti che riciclano la sostanza organica. C’è infatti un vero e proprio microambiente che si nutre di legna morta. Anche questa serve a Madre Natura.

Una vota tolti i tronchi ed i rami secchi, bisognerebbe poi lavorare il terreno e mettere delle piantine con l’obiettivo di fare venire su un bel po’ di alberi con solide radici ancorate nel terreno. Si tratta di interventi semplici che si potrebbero fare con una spesa contenuta, così come andrebbero fatte delle tagliate per regolamentare il flusso delle acque piovane, che se scendono libere finiscono con lo scavare il terreno, creando dissesto idrogeologico. Biagio Barbera a riguardo non ha dubbi.

Con una serie di interventi semplici ma ben fatti in dieci anni si potrebbe riavere una nuova Montagna Grande. Una montagna che per rinascere ha bisogno dell’azione dell’uomo. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che si tratta di alberi impiantati nel corso di diversi decenni. Alcuni risalirebbero addirittura al Ventennio Fascista per produrre carbone. Altri tempi. Adesso gli alberi servono per prendersi l’anidride carbonica dando in cambio ossigeno. Ed in tempi di cambiamenti climatici sono a dir poco fondamentali. Essenziali. Piantiamo alberi e prendiamocene cura. Ne abbiamo tutti un disperato bisogno.

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