Ieri pomeriggio la gran parte dei negozi a Trapani sono rimasti aperti, con le vetrine e le insegne accese. I commercianti della città non hanno aderito alla mobilitazione lanciata dalla Confcommercio per protestare contro la zona arancione in Sicilia voluta dal governo nazionale con il dpcm del 3 novembre. L’invito a chiudere le attività dalle 16 alle 20, spegnendo le luci delle loro vetrine, è stato accolto solo da una minima parte dai titolari delle imprese e delle attività commerciali trapanesi, come dimostrano le immagini in via Fardella. Ad osservare attentamente si comprende anche come la protesta abbia segnato una sorta di discrimine tra le attività a conduzione familiare e personale e le attività che recavano marchi di franchinsing. Due diversi modi di intepretare il commercio al dettaglio come si è potuto leggere dalle vetrine spente e da quelle accese. Rimane comunque il senso della protesta come aveva spiegato Pino Pace, presidente Confcommercio Trapani: «centinaia di attività commerciali e imprese in Sicilia, che già tanti sacrifici avevano fatto durante il primo lockdown, rischiano di chiudere i battenti definitivamente se non arriveranno sostegni economici urgenti e ristori immediati». Confcommercio ricorda anche che «le imprese commerciali hanno fatto di tutto per mettersi in regola con le norme igienico-sanitarie, acquistando prodotti e servizi dedicati a igienizzazione e sanificazione per il rispetto di tutti i Dpcm e a tutela della clientela, investimenti che rischiano di cadere nel vuoto».

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