«Il Governo Regionale getta la maschera e mostra di non avere ancora alcuna strategia per fronteggiare la crisi senza precedenti della viticoltura siciliana». Durissimo e frontale l’attacco della deputata trapanese del M5S, Cristina Ciminnisi, al Governo Regionale giudicato incapace di affrontare lo stato di crisi che attraversa la viticoltura della Sicilia Occidentale. Due e concomitanti i motivi che hanno causato l’allarme della categoria: la crisi climatica (alte temperature oltre i 40 gradi e piogge torrenziali con escursioni termiche che hanno favorito l’insorgere della peronospora) e la crisi economica (aumento dei costi energetici, dei fertilizzanti, degli antiparassitari). Una tempesta perfetta che, a fronte di una ipotesi di perdita del raccolto con una media del 60%, si traduce con perdite nette dei redditi aziendali e personali in grado di mettere in ginocchio metà degli operatori del comparto. Una situazione che i rappresentati di categoria avevano posto all’attenzione del governo regionale già tre mesi fa.

Da questo ritardo l’ulteriore critica di Ciminnisi: «Alla tardiva riunione dell’altro ieri, chiesta con urgenza al Governo Schifani da una più ampia platea quasi tre mesi fa, non erano presenti i rappresentanti dei viticoltori, i sindacati e altre organizzazioni di categoria. Questo pone un problema di metodo. Nel merito – aggiunge Ciminnisi – il Governo regionale non è stato in grado di presentare alcun piano di sostegno al settore. Solo una fumosa indicazione su alcuni non meglio precisati strumenti di aiuto attraverso il sistema bancario, come per esempio la moratoria sulle cambiali agrarie, che richiedono comunque tempi tecnici incompatibili con l’emergenza attuale».

In effetti la montagna della riunione palermitana ha partorito un topolino. Per le cantine sociali (per altro presenti solo loro alla riunione, come sottolineato dalla deputata) è prevista la proroga del pagamento delle cambiali agrarie. Per i viticoltori solo un generico impegno di interlocuzione del Governo Regionale con quello nazionale per avere maggiori fondi (ad oggi solo un milione di euro da Roma) da destinare ai risarcimenti per i danni da peronospora. Ed ancora il pagamento entro ottobre del rimborso di 20 centesimi per litro di gasolio (una misura approvata dal precedente governo Musumeci). Infine l’anticipo del pagamento delle misure agroambientali e quote Pac (somme già dovute per l’annata agraria in corso). Pannicelli caldi rispetto alla misura della crisi per affrontare la quale ci vorrebbero, secondo i viticoltori, cento milioni di euro. La Regione Sicilia non sembra essere in grado di stanziare fondi dal proprio bilancio.

«È evidente – continua la deputata trapanese che ha seguito da vicino la vicenda – che l’unica speranza per il comparto sia un intervento di Roma, attraverso un fondo di solidarietà nazionale, considerato che tutto il settore della viticoltura, dai colli Euganei alle Langhe, dal Chianti ai Castelli romani è in piena crisi. Ma non mi pare ci siano segnali che indichino la disponibilità di risorse economiche da destinare alla viticoltura siciliana, né di altre regioni».

Intanto oggi i viticoltori, per la prima volta, a memoria loro hanno fermato le operazioni di vendemmi, in segno di protesta ed hanno sfilato per le vie di Marsala per rendere evidente la loro richiesta di aiuto al governo nazionale e a quello regionale». L’iniziativa di Marsala è «la rappresentazione plastica di quanto la categoria sia alle corde davanti ad una crisi climatica e una congiuntura economica negativa senza precedenti» ha detto la deputata Ciminnisi, solidarizzando con gli operatori del settore.

«Se non si interviene subito con misure straordinarie, la vitivinicoltura siciliana subirà una pesantissima contrazione dei redditi aziendali e individuali. La crisi del settore – conclude Ciminnisi – sarà avvertita concretamente sulle famiglie, con riduzione dei consumi e difficoltà a far fronte alle spese quotidiane. Siamo di fronte ad una bomba sociale pronta ad esplodere ed ho la concreta preoccupazione che né il Governo regionale, né quello nazionale abbiano compreso la profondità della crisi che rischia di divenire strutturale».