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sabato, Maggio 18, 2024
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A 33 anni dall’affondamento dell’Espresso Trapani

di Mario Torrente

Oggi ricorre il triste anniversario del naufragio dell’Espresso Trapani. Le vittime di quella tragedia del mare di 33 anni fa sono state ricordate questa mattina nel corso di un momento di preghiera tenuto nella strada, nei pressi del porto peschereccio di Trapani, intitolata a chi, il 29 aprile del 1990, non fece più ritorno a casa.

I loro nomi sono stati letti ad alta voce nel corso della breve cerimonia tenuta nella via intitolata alla vittime del naufragio dell’Espresso Trapani, la nave colata a picco il 29 aprile del 1990 a poche miglia dalla città. Dopo il momento di preghiera con don Gaspare Gruppuso i parenti delle vittime hanno lanciato simbolicamente dei fiori in mare da piazzetta del tramonto, alla fine della via Carolina, da dove si vede perfettamente il punto del naufragio.

Era il 29 aprile del 1990. L’Espresso Trapani era ormai prossimo ad arrivare in città dopo essere partito da Livorno ed avere navigato per tutto il mar Tirreno. A bordo c’erano 52 persone e 66 camion. La nave non viaggiava a pieno carico. E le condizioni meteo erano ottime, con mare calmo e visibilità ottima. Quando ormai erano imminenti le operazioni di ormeggio, il grande traghetto della Conatir si inclinò, affondando nel giro di pochi minuti. Portandosi negli abissi sette persone. I morti furono in tutto tredici, ma sette corpi non furono mai restituiti. Probabilmente rimasero intrappolati nel relitto della nave, affondata in un giorno di mare calmissimo. Mentre che a Trapani si festeggiava “Santu Patre”, patrono dei marittimi. Con la grande statua di San Francesco di Paola in processione per le vie della città. Ma quel giorno non ci fu festa. Solo lacrime e dolore per quelle vite spezzate.

Appena si seppe dell’affondamento dell’Espresso Trapani tutti i pescherecci uscirono per aiutare i soccorsi e cercare i dispersi. I superstiti furono 39. Pochi giorni dopo nel relitto scesero anche i sub per cercare i corpi che mancavano all’appello. Intervenne la Marina con un piccolo sottomarino. Ma non fu trovato nessuno dei sette dispersi. E tante domande su quel naufragio rimasero senza risposta.

Di sicuro c’è che fu la più grave tragedia del mare che si sia consumata davanti le coste trapanesi negli ultimi decenni. Una sciagura che, per molti aspetti, resta avvolta dal mistero. La nave, quasi arrivata a Trapani, dopo aver virato a sinistra per allinearsi all’imboccatura del porto, sbandò sul lato destro. Il grande traghetto, lungo ben 112 metri, si inclinò paurosamente a dritta. Fu vano ogni tentativo del comandante Bertolino di riportare in asse la nave. L’Espresso Trapani venne inghiottito dal mare nel giro di quindici minuti. Finendo ad oltre cento metri di profondità. Il tutto a circa un miglio dallo scoglio Porcelli. Proprio davanti la città, portandosi con sé, quasi sicuramente, i sette corpi dei dispersi, mai trovati. Tra loro il comandante Leonardo Bertolino, al suo ultimo viaggio prima della pensione, ed il direttore di macchina Gaspare Conticello. I due ufficiali più alti in grado dell’Espresso Trapani affondarono con la loro nave.

Oltre al comandante Leonardo Bertolino ed al direttore di macchina Gaspare Conticello, non furono mai recuperati anche i corpi di Ignazio Mauro, Claudio Merlino, Giovanni Maranzano, Antonino e Salvatore Mirabile. Sono rimasti per sempre nel grande “cimitero del mare”. A bordo c’era anche la moglie del comandante Bertolino, Rosa Adragna, anche lei nell’elenco delle tredici vittime di quella terribile sciagura assieme a Francesco Gianquinto, Giuseppe Fonte, Filippo Randazzo, Michele Caruso e Francesco Lombardo, che vennero però recuperati dal mare. Trovando degna sepoltura a terra. Per chi è rimasto per sempre in mare, da qualche anno c’è la targa messa dall’amministrazione comunale in ricordo delle vittime dell’Espresso Trapani dove potere mettere almeno un fiore. Che questa mattina, in occasione del 33esimo anniversario dell’affondamento, i parenti delle vittime hanno voluto lanciare in mare davanti al punto della tragedia. Ricordando così i loro cari che non hanno più potuto riabbracciare.

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