Cosa Nostra non era il dominus che si muoveva dietro le aziende del gruppo Morici. Anzi la grandissima parte del patrimonio di Francesco Morici trova giustificazione nell’attività d’impresa condotta per oltre 50 anni. A questa determinazione sono giunti i giudici della quinta sezione della Corte di appello di Palermo che ha revocato gran parte della confisca dei beni dell’imprenditore Francesco Morici, nel frattempo deceduto, della moglie e dei figli Enzo e Maria. Beni per oltre venti milioni di euro che furono confiscati nel 2017.

Di questo patrimonio solo una parte per un valore di un milione e mezzo rimane ancora nelle mani dello stato. I giudici che non hanno mai riconosciuto la pericolosità sociale e la sorveglianza speciale per Vincenzo Morici, hanno liberato dal vincolo della confisca il patrimonio immobiliare e i conti correnti della holding Morici. In particolare i giudici hanno escluso che Cosa Nostra abbia mai avuto il controllo della impresa Morici.

Dubbi permangono solo sulla Coling la società aggiudicataria di commesse pubbliche che operò per la costruzione della galleria di Scindo Passo a Favignana e per la realizzazione della funivia di Erice. Appalti che ancora si ritiene siano stati sotto il controllo di Vincenzo Virga e di Francesco Pace. Un impianto accusatorio, questa ultima parte, che si regge sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Nino Birrittella.

Lo stesso Birrittella avrebbe indicato l’infiltrazione della mafia nei lavori di costruzione delle banchine del porto di Trapani, in cui l’impresa Morici era presente, proprio con la Coling, in una Associazione Temporanea di Imprese. I giudici però l’hanno escluso mettendo in discussione almeno questa parte delle dichiarazioni di Birrittella. L’appalto per la costruzione delle banchine di Ronciglio, hanno sostenuto i giudici d’appello, “non è da inserirsi in una cornice mafiosa”.